Madre disperata

22.04.2021

"Gentilissima Avvocata Michela Nacca,

  la mia storia inizia nel 2015 quando il mio ex marito viene ricoverato e viene indotto in  coma. Mi preparano alla morte con l'aiuto di una psicologa che per sollevarmi mi chiede se mi sarei sentita meno addolorata se avessi saputo che mio marito stava morendo per l'assunzione di droghe. Io non do peso alle parole, poi lo staff medico mi chiede di poter somministrare un plasma di nuova generazione e lui si salva.


Durante il coma ed il ricovero per alcuni mesi, mi trovo a dovermi occupare di molte cose, anche di quelle che non avevo mai fatto e scopro che quello che era mio marito, aveva una doppia vita: utilizzava un altro nome e cognome, dichiarava di essere separato, aveva una relazione con una cugina di primo grado, frequentava centri massaggi e praticava sesso tantrico, cercava donne a km tramite chat, etc...La disperazione del momento mi porta a concentrarmi sulla situazione di salute di quello che era mio marito e tralasciare la realtà scioccante che giorno per giorno scoprivo.

Grazie al sostegno psicologico ricevuto, decidiamo che avrei dovuto dire tutto a lui, all'interno dell'ospedale, in quanto luogo protetto e nel quale avrebbero potuto aiutarci a superare il momento e i vari fattori: il suo risveglio dal coma, le mie scoperte e la situazione di sopravvenuta invalidità a causa dello stato di salute di lui.

Lui rifiuta l'aiuto psicologico e a me dice "e ora cosa devo fare? Eliminarti? Come si fa con chi sa troppe cose?"

Di certo non mi sarei mai aspettata una risposta simile. Così torniamo a casa, con la speranza di trovare una soluzione e salvare la nostra famiglia, perché io avevo capito che la sua era una malattia e avevo intenzione di aiutarlo a tutti i costi, ma di aiutare anche me, capendo come avessi fatto a trovarmi in una tale situazione!

I giorni a casa diventano incubi, lui si alzava di notte e mi fissava in piedi sopra di me, durante il giorno erano continue le scenate di rabbia e urla, nonché maltrattamenti verso nostro figlio che aveva tre anni e mezzo. In più tra le varie scoperte fatte nei mesi precedenti c'era stata quella di una pistola nascosta sotto un mobile, trovata mentre facevo le pulizie.

Le minacce di morte erano giornaliere, pensava e mi diceva come poter fare ad eliminarmi: bruciata nel forno del giardino, o sotterrata sotto la pompa del pozzo, etc...

Dal consultorio di zona a cui mi ero rivolta per un aiuto, a quel punto mi inviano al centro anti violenza, dove mi dicono che mi sarei dovuta mettere al sicuro. Io però non me ne vado, finché un giorno di particolare rabbia di lui, in cui ha alzato le mani a me e mio figlio, scappo dalla paura ma solo per lasciare il bambino dai miei e tornare. Da quel momento in poi, non sono piu' riuscita ad entrare in casa, perdendo tutti i miei effetti personali e del bambino, nonché il mio ufficio che era all'interno della casa.

Da quel momento iniziò una guerra nei miei confronti, al grido di "ti rovino, tu non hai una lira, ti farò passare per pazza, ti toglierò il bambino. Hai sbagliato e devi pagare. Non finirò finchè non ti avrò visto morta".

In questi anni sono stata ospitata dai miei genitori, poiché lui ha prontamente affittato la casa coniugale. Nel 2018, stanca di non poter riuscire a vivere e a riprendermi, per le continue aggressioni, minacce e maltrattamenti al bambino, denuncio. Si apre anche un processo al tribunale dei minori su segnalazione dei servizi sociali territoriali per i maltrattamenti subiti dal bambino. Lui chiede la chiusura dello stesso per competenza del Tribunale Ordinario che si occupa della separazione civile e affido ancora in corso.

Così nonostante le diverse denunce, l'ascolto del bambino al tribunale penale, l'interrogatorio del bambino da parte della polizia perché si rifiutava di andare con il padre per paura, viene effettuata una seconda ctu (perché ce n'era stata già una nel 2017). Da questa seconda CTU, nonostante il bambino affermi piu' volte di stare male ed essere picchiato, il ctu stabilisce che "il penale non entra nelle ctu", cosi mi dice, che il bambino ha un "conflitto di lealtà" e che debba stare piu' tempo con il papà, modificando l'affidamento. Fra l'altro il bambino dall'eta' di 4 anni inizia ad avere un atteggiamento gravemente sessualizzato, racconta abusi paterni. Ma il CTU assurdamente sostiene che sia io ad influenzarlo! Tutto viene ignorato ed il padre rimane livero di avere con se' il figlio.

Il Giudice, senza valutare i fatti e le denunce penali, fa copia e incolla e stabilisce l'immediata esecuzione del nuovo affidamento. Inutile dire che per l'intera settimana in cui sta con il padre non so nulla del bambino, il padre non gli permette di chiamarmi e lo obbliga a non dire, non parlare, etc...cosi come mio figlio poi mi riferisce.

In questi anni non ho mai potuto svolgere visite mediche al bambino, sebbene da me richieste, per mancata autorizzazione del padre. Mesi fa tuttavia, a causa di forti cefalee del bambino, con numerosi tic, lo conduco in pronto soccorso dove effettuano la diagnosi di una sindrome rara al cervello.

Il padre dice che sono mie invenzioni e nega le cure, la sintomatologia nonche' altri consulti. Cio' nonostante il bambino dovrebbe essere tenuto sotto controllo, per renderci conto di eventuali problemi di deambulazione, linguaggio e memoria.

Inoltre il bambino è stato affidato ai servizi sociali, che credono che tale affidamento sia opportuno e vada serenamente, senza aver ascoltato il bambino ne' aver dato alcun peso alle sue condizioni.

Da quando è iniziato questo affidamento, ho diversi referti di pronto soccorso, in quanto il bambino ha avuto diversi malesseri, ogni settimana da di stomaco e fa cacca addosso, anche a scuola e dinanzi le maestre, ha presentato segni sulla pelle come punture di zecche, una ferita dietro l'orecchio, dovuta al modo del padre di tirarlo da lì, e per ultimi slogatura di una caviglia e trauma cranico a causa di una caduta in casa!

Il bambino racconta di venire picchiato alla testa dal padre, ma nessuno ascolta!

Io sono distrutta ...perche' ogni volta che riprendo il bambino mi racconta di essere stato male e picchiato, ma gli psicologi mi dicono che e' solo "un modo di farmi sentire la più amata, la sola"!!!!!!!!

E il fatto che dica "mamma per fortuna ancora ci sei, pensavo che fossero venuti gli amici di papà ad ucciderti", sarebbe solo una teatralizzazione. Nessun dubbio che il padre potrebbe averlo minacciato in tal maniera!


Cara avvocata, sono devastata e non credo piu' nella giustizia. Io vorrei solo poter curare ed assistere mio figlio e non dover farlo rinunciare alla figura materna, in una maniera così drastica e senza senso.

Ho cambiato tre avvocati per scarsa preparazione sulla violenza sulle donne, nessuna comprensione della violenza sessuale su minori e sulla stessa violenza istituzionale che stiamo subendo , nonche' scarso coraggio. E ormai so che perderò mio figlio, per essere punita di aver denunciato e cercato di salvarci la vita, salvarci da una persona che ogni volta che mi vede mi aggredisce con la rabbia ed il rancore di chi non ha ancora finito. Sono disperata soprattutto per mio figlio: cosa sara'di lui, della sua vita, del suo benessere e del suo futuro, se nessuno lo aiuta?

Un cordiale saluto

Una mamma disperata"

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