Interrogazione sulla vicenda delle due sorelle di Torino poste in casa famiglia dopo la denuncia della madre e Interrogazione sul caso dei due bambini uccisi dal padre per ritorsione contro la madre - luglio 2020
Interrogazione a risposta scritta 4-06499 Mercoledì 29 luglio 2020, seduta n. 382
a riportare la storia, è anche il quotidiano «La Stampa», che ha deciso di pubblicare la lettera che le ragazze hanno inviato alla redazione;
GIANNONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il codice civile all'articolo 315-bis, riconosce il diritto del fanciullo - che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, se capace di discernimento - ad essere ascoltato in tutte le questioni che lo riguardano. L'articolo 336-bis a sua volta, stabilisce che il minore è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato;
la Convenzione di Strasburgo stabilisce, nel combinato disposto dell'articolo 3 e dell'articolo 6, il diritto del minore ad essere informato e di esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano, imponendo all'autorità giudiziaria di permettere al minore di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto;
la sua audizione è infatti utilissima, tanto sotto il profilo dell'affidamento - è noto, ad esempio, il principio giurisprudenziale secondo il quale il rifiuto ostinato del figlio minore a frequentare un genitore legittimi l'affido esclusivo all'altro, in quanto rispondente all'interesse del minore stesso, (si veda Cassazione 15 settembre 2011 n. 18867) - quanto, soprattutto, per la collocazione ed il regime di incontri con il genitore non collocatario;
due sorelle minorenni a Torino stanno vivendo un vero incubo. Secondo quanto riportato da diversi media, le ragazze sono state allontanate dalla famiglia in seguito alla separazione dei genitori ed alle violenze del padre, ed ora si trovano in una struttura con la prospettiva di essere divise: «Sarebbe stato meglio non denunciare», si legge su il Giornale.it;
a riportare la storia, è anche il quotidiano «La Stampa», che ha deciso di pubblicare la lettera che le ragazze hanno inviato alla redazione;
«Siamo due sorelle, di 15 e 13 anni. Quando nel 2016 i nostri genitori si sono separati abbiamo iniziato ad andare sia da nostra madre, sia da nostro padre. Poi però nostro padre ha iniziato ad avere degli atteggiamenti violenti con noi come aveva sempre avuto con mamma», raccontano nella lettera. Definito come un individuo violento, il padre delle sorelle è infatti ora accusato di maltrattamenti contro l'ex moglie. «Quando nostro padre ha provocato un trauma cranico a me, mia madre lo ha denunciato, ma non siamo mai state ascoltate. [...] Dal quel momento abbiamo deciso che non saremmo più andate da lui. Così a inizio 2018, un'assistente sociale ci ha obbligato a seguire progetti con gli educatori e durante questo progetto nostro padre ha aggredito mamma davanti a noi», prosegue il racconto;
malgrado il terribile fatto, il progetto con gli educatori era comunque andato avanti. Poi, nel 2018, era stata avviata la consulenza tecnica del tribunale. «Le assistenti ci dicevano che se non fossimo andate da nostro padre saremmo finite in comunità, a quel punto per paura abbiamo accettato di vederlo», spiegano le ragazzine;
vedendo i lividi rimasti sulle figlie in seguito alle percosse ricevute negli incontri, la madre delle ragazze decise di sporgere una seconda denuncia. Nonostante tutto, gli assistenti sociali che si occupavano del caso continuarono ad insistere affinché le ragazze mantenessero i rapporti col padre violento. L'ultimo tentativo è stato l'affido ad una zia, il progetto però non è riuscito e le ragazze sono state collocate in comunità;
le due non possono uscire, né incontrare i familiari. «Neanche una televisione o qualcuno con cui parlare - si legge su "Imolaoggi" - chiuse e basta, il cibo è da galera (riso bianco e fetta di prosciutto cotto puzzolente), ma in fondo questa è una galera, solo che noi non abbiamo fatto nulla e manco il giudice ci ha voluto sentire» -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in
premessa e se non intenda promuovere iniziative operative presso il
tribunale dei minori di Torino.
(4-06499)
GIANNONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. - Per sapere - premesso che:
il comitato pari opportunità (Cpo) dell'Associazione Stampa Romana ha denunciato all'ordine dei giornalisti una grave distorsione dei fatti di cronaca compiuta da alcuni importanti organi di stampa, tra cui l'Ansa, nei confronti di una donna, vittima insieme ai suoi figli, di un efferato dramma familiare in provincia di Lecco. Colpevolizzandola, attraverso titoli fuorvianti, del duplice omicidio agito dall'ex marito nei confronti dei loro bambini;
«Il dramma dei papà separati». «A causare la tragedia la difficile separazione tra il padre e la madre». «Padre uccide i due figli, era sconvolto dalla separazione»;
questi i titoli che il Cpo della Stampa Romana ha riportato nel comunicato stampa pubblicato il 29 giugno 2020 sul sito dell'associazione, ricapitolando i fatti seguenti;
un marito invia un messaggio alla moglie: «I nostri figli non li vedrai più». Li ammazza, poi si getta da un ponte. Una bambina e un bambino di 12 anni, gemelli, sono stati soffocati all'alba del 27 giugno 2020;
l'Ansa lancia la notizia: «A causare la tragedia la difficile separazione tra il padre e la madre». Tutti i giornali, in web, riprendono il concetto: Corriere.it; Repubblica Milano.it; il Corriere Adriatico.it, Lecco Today;
il Mattino.it, il 27 giugno 2020, riportando la notizia, arriva a scrivere in occhiello: «Il dramma dei papà separati»;
il giorno dopo, il 28 giugno 2020, con un articolo di Alessio Fanuzzi, Il Mattino.it si scusa: È stata la fretta, scrivono. «Fare meglio è difficile». Sul giornale cartaceo, Il Mattino non pubblica le scuse affidate al web, si affida alla cronaca e a un commento di Giuseppe Montesano, scrittore;
il quale scrive in prima pagina de «Il Mattino»: «Un uomo che si uccide è sempre una tragedia, e chiunque si tolga la vita non può essere condannato da nessun altro, ma può solo avere la pietà di chi, in quanto uomo fragile come lui, gli è fratello»;
«Una banalizzazione della tragedia», continua la Stampa Romana, come se fosse un'attenuante, rendendo così all'opinione pubblica un quadro per cui questi reati legati al femminicidio sono sempre considerati di serie B. Una vittimizzazione secondaria, esplicitamente vietata anche dalla Convenzione di Istanbul che in Italia è stata ratificata con legge 27 giugno 2013, n. 77;
«La narrazione di questo dramma, si legge ancora su the Huffingtonpost.it, è affidata unicamente al punto di vista maschile e con esso alla ricerca di una colpa assoluta, di un alibi e una giustificazione che possa legittimare, in qualche modo, quel gesto, per farlo diventare "disperato" o "folle" e non, come troppo spesso accade, prevedibile, perché frutto di una cultura specifica che ha un nome e "rituali" che si ripetono uguali. Non follia, non disperazione, ma una volontà di vendetta, una dimostrazione di forza e di potere»;
il diritto di cronaca e di critica arretra di fronte alla tutela della dignità della persona, che, a sua volta, è un diritto inviolabile dell'uomo e in quanto tale, tutelato dall'articolo 2 della Costituzione -:
se il Governo non intenda adottare urgentemente iniziative, per quanto di competenza, affinché sia implementata l'attività di comunicazione istituzionale per la promozione di una cultura finalizzata alla prevenzione della violenza sulle donne, e in ogni cosa volta alla tutela della dignità della persona, in particolare del genere femminile.